Questa estate facendo scorrere sullo smartphone le pagine “eventi” a Milano, mi sono prenotata per visitare la mostra “OUTFIT ‘900” a Palazzo Morando.
La visita vale solo anche per veder il Palazzo. Per chi non ci fosse mai stato, Palazzo Morando è situato in via S. Andrea al n. 6 ed è un palazzo cinquecentesco abitato da allora, da diverse famiglie aristocratiche e intellettuali e donato, poi, all’inizio del 1900 dalla contessa Lydia Caprara Morando Bolognini al Comune di Milano. Oggi è sede della pinacoteca dedicata all’iconografia Milanese e della Collezione Costume e Immagine.
Gli abiti della Collezione Morando sono davvero stupendi, soprattutto per chi, come me, ama le stoffe, le texture, i colori, le trame e i ricami artigianali. Si tratta di un percorso che si snoda nelle stanze del palazzo e che sintetizza attraverso l’esposizione degli abiti, la moda di precisi momenti storici, raccontandoci attraverso le diverse fogge, i tessuti e gli accessori gli eventi, le occasioni speciali e le mode che hanno influenzato il vestiario delle signore della borghesia milanese. La mostra si divide in due sezioni: gli abiti per i giorno e quelli per la sera.
Ogni abito ha una sua storia a partire da quelli di fine ‘800 con i corsetti che andavano portati strettissimi tanto da togliere il fiato alle signore dell’epoca ( si racconta che qualcuna fosse addirittura morta trafitta dalle proprie costole incrinate dagli stessi corsetti) fino a quelli più recenti disegnati da famosi stilisti della moda italiana per le grandi occasioni.
A me affascina tantissimo vedere e toccare le stoffe e immaginare come queste possano essere lavorate, cucite, piegate, modellate per dar forma da un modello e mi intriga molto quanto si possa lavorare sul dettaglio, come per un progetto di architettura dove dal masterplan si passa al dettaglio costruttivo.
Come dicevo, si passa dagli abiti con busti e stecche dove la donna assume la postura sinuosa a “S”, alle guaine e ai tessuti leggeri e impalpabili.
Dopo la Grande Guerra c’è voglia di spensieratezza e di più libertà ed ecco che nei locali dove si può ballare il fox trot e i charleston, appare una donna audace e briosa che indossa le calze di nylon semitrasparenti e osa tagliarsi i capelli. Quindi gli abiti sono semplici, scivolano sul corpo e sono ricchi di ricami.
Successivamente si ritorna alla tradizione mettendo in risalto il punto vita che viene evidenziato con tessuti modellati dai tagli in sbieco. Il modello di riferimento diventa la moda francese. Dopo la Seconda Guerra mondiale i modelli evidenziano il seno e la vita ritorna, come una volta, ad essere strettissima tanto da imporre l’uso del busto da cui pendono gonne a corolla, ampie e vaporose.
Alla fine degli anni ’40 si riscopre la mondanità e il piacere di esibire il proprio stile e la propria eleganza, ed ecco che Dior progetta e disegna il primo abito da cocktail.
Gli anni ’60 vedono un’altra rivoluzione nel campo della moda. Questi sono gli anni che vogliono una donna con silhouette più sottili e l’uso, soprattutto per la sera, dell’oro interpretato in forme innovative ed eccentriche.
Dopo Dior, gli stilisti Yves Saint Laurent e Krizia, soprattutto negli anni ‘80’ ridisegnano il corpo femminile guardando verso culture lontane come ad esempio il mondo giapponese.